Fa meglio l’industria alimentare (+11,6%), ma segno positivo anche per la componente agricola (+8,8%). L’import cresce del 12% a quota 48 miliardi
Le esportazioni italiane di cibi e bevande hanno superato, nel 2021, il traguardo dei 50 miliardi di euro, raggiungendo il record storico di 52 miliardi (+11% sul 2020).
Secondo le elaborazioni di Ismea sui dati Istat, a concorrere al risultato sono soprattutto le esportazioni dell’industria alimentare (+11,6%), ma il segno è decisamente positivo anche per la componente agricola (+8,8%).
Nello stesso periodo, le importazioni agroalimentari registrano una crescita di quasi il 12% sul 2020, raggiungendo un valore di oltre 48 miliardi. Per effetto di queste dinamiche la bilancia commerciale del settore si conferma, oltre che in attivo, in ulteriore miglioramento nel 2021.
Si tratta di un successo ottenuto grazie alla ricerca di gratificazione a tavola nonostante le difficoltà degli scambi commerciali e i lockdown della ristorazione che hanno pesantemente colpito in tutti i continenti. L’emergenza sanitaria Covid ha provocato anche una svolta salutista nei consumatori a livello globale che hanno privilegiato la scelta nel carrello di prodotti alleati del benessere come quelli della dieta mediterranea.
Il primo mercato si conferma la Germania (+9%), ma la crescita maggiore si registra negli Stati Uniti che si collocano al secondo posto con un incremento del 15% . Stabile al terzo posto la Francia (+8%) e al quarto c’è la Gran Bretagna, dove però le vendite sono stagnanti a causa delle difficoltà legate alla Brexit, tra le procedure doganali e l’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi e maggiori controlli. Fra gli altri mercati, si segnala la crescita del 16% nonostante le tensioni internazionali in quello russo e del 27% su quello cinese.
Tra i settori, in testa alla classifica delle esportazioni agroalimentari nazionali c’è il vino che supera quota 7 miliardi. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, una “revenge spending” nei Paesi terzi che ha visto assoluti protagonisti gli spumanti italiani: sugli scudi, il mercato statunitense che ha visto lievitare di un terzo la domanda a valore, con il Prosecco addirittura a +43%. Ma non è solo il primo mercato al mondo, dove anche lo champagne ha registrato nel post-lockdown una crescita di oltre il 50%, a registrare il boom di bollicine nei calici: in Cina, notoriamente consumatrice rossista, l’incidenza degli sparkling sui consumi globali è quasi raddoppiata, con il Prosecco che vola a +117% e con un export degli spumanti italiani in crescita del 33%. Per l’Osservatorio di Unione italiana vini e Vinitaly, gli sparkling tricolore volano anche in Canada (+23%), Svizzera (+11%) e Giappone (+5%).
La categoria che più ha sofferto l’emergenza ora è diventata il vero simbolo della reazione post lockdown. Ma non è da sottovalutare nemmeno la performance di capisaldi della nostra produzione come i rossi Dop piemontesi e toscani, che hanno chiuso l’anno negli Usa rispettivamente a +32% e a +26%, o i rossi siciliani che crescono in Canada del 52%. Due tra i Paesi maggiormente rappresentati attesi al prossimo Vinitaly, in programma dal 10 al 13 aprile.