Nei primi sei mesi dell’anno l’export dei principali distretti industriali ha registrato un balzo del 27,6%.
Elettrodomestici, metallurgia e agroalimentare, i settori più dinamici nei primi sei mesi dell’anno. Unico comparto in calo lo meccanica, mentre la moda riprende slancio.
Il capo economista di Intesa avverte: le interruzioni nella catena di valore, la disponibilità di semiconduttori, il rialzo forte prezzi dei metalli industriali un rischio superiore al Covid.
Le esportazioni industriali dimenticano la pandemia e aumentano anche rispetto al 2019. Nei primi sei mesi dell’anno l’export dei principali distretti industriali ha registrato un balzo del 27,6% a prezzi correnti rispetto agli stessi mesi del 2020, fortemente penalizzati dal lockdown primaverile. Il confronto con il 2019 evidenzia un progresso dello 0,7% (pari a 474 milioni di euro) e il raggiungimento di nuovi livelli record a quota 64,6 miliardi.
Restando sul nazionale in evidenza l’accelerazione delle esportazioni distrettuali delle regioni del nord-est del Paese, dove spiccano il Friuli-Venezia Giulia per dinamica (+15,6%) l’Emilia-Romagna e il Veneto per aumento dei valori esportati (+443,7 milioni di euro e +324,9 milioni rispettivamente). Secondo le stime, nei prossimi mesi l’export distrettuale manterrà un buon ritmo di crescita sui mercati esteri, grazie alla presenza di condizioni di domanda internazionale favorevoli, portando il 2021 a una chiusura su nuovi livelli record. A livello settoriale, solo il sistema moda avrà bisogno di più tempo per tornare sui livelli pre-pandemici.
In questo contesto, rincari delle commodity e interruzioni delle forniture rappresenteranno due punti di attenzione, che potrebbero frenare lo slancio della domanda mondiale. Tuttavia, nel medio termine la possibile e connessa revisione delle catene globali del valore a favore della riallocazione su base continentale delle filiere, potrebbe giocare a favore anche dei produttori italiani distrettuali.