E’ un po’ come vendere il proverbiale ghiaccio agli eschimesi, tentare di immettere sul mercato cinese il riso italiano. Eppure, i bianchi chicchi del Belpaese ora vanno alla conquista della terra del Dragone; arriva infatti l’ok delle Autorità competenti di Pechino all’import delle nostre varietà da risotto, eccellenze del Made in Italy agroalimentare. Grazie a questo accordo, frutto di un lungo negoziato, il riso italiano potrebbe entrare così nelle cucine di decine di milioni di consumatori cinesi.
Il primato della varietà italiane
Un via libera tanto atteso su un mercato di primaria rilevanza per l’agroalimentare italiano: l’Italia è infatti attualmente il primo produttore di riso dell’Unione europea, assicurando oltre il 50% della produzione del continente. Ma quali chance ha il riso italiano in un paese come la Cina dove il riso praticamente sostituisce il pane? La nostra produzione si distingue da quello coltivato nel resto del mondo grazie alle varietà tipiche, nel tempo valorizzate dai marchi Dop e Igp che riconoscono le specificità dei territori di origine. Con 228mila ettari coltivati (+4% nel 2020) e 4 mila aziende che raccolgono 1 milione di tonnellate di riso lavorato, si contano più di 200 varietà: dal”re dei risi” Carnaroli all’Arborio, al Vialone Nano, primo riso Igp, passando per il Roma e il Baldo.
I controlli severi fatti dalla Cina
Attualmente il 60% del riso italiano è destinato all’export, soprattutto verso Germania e Inghilterra. Ecco perché l’apertura di questo nuovo mercato è un successo, che ha visto le istituzioni e la filiera risicola nazionale unite in difesa del riso italiano. L’accordo con Pechino arriva, come detto, dopo un lungo negoziato diplomatico e tecnico condotto insieme al mondo imprenditoriale del comparto. Le agenzie fitosanitarie cinesi hanno infatti effettuato controlli molto severi e pignoli prima di autorizzare l’import del nostro riso, mandando in questi anni diverse delegazioni nelle aziende italiane per verificarne l’eccellenza dei metodi di produzione.