Secondo le stime di Camera Moda la moda italiana nel 2022 supererà 92 miliardi di euro di fatturato e 75 miliardi di esportazione, in salita sul 2019. Partenza brillante (ricavi a +25%) nel primo bimestre ma restano le incognite: guerra Russia-Ucraina, incremento dei costi di produzione e lockdown in Cina
La moda italiana a fine 2022 supererà i livelli pre Covid: con i settori collegati (occhiali, gioielli) toccherà quota 92 miliardi di euro di ricavi, in salita del 10,5% sul 2021 e del 2,5% sul 2019. Merito, soprattutto, delle esportazioni, che supereranno i 75,4 miliardi di euro (+11% sul 2021) contro i 71,5 miliardi del 2019. Tra i mercati di destinazione più dinamici del 2021 ci sono Cina (+42,1%), Stati Uniti (+39,7%) e Francia (+22%).
A mettere nero su bianco il quadro di ripresa sono i Fashion economic trends di Camera nazionale della moda italiana, in occasione della presentazione della fashion week uomo, a Milano dal 17 al 21 giugno 2022, con le collezioni per la primavera 2023.
La moda italiana, nonostante il periodo di forte stress dovuto alla situazione internazionale, sta reagendo bene e sta performando meglio di quanto ci aspettassimo. Sono saliti anche l’import, a testimonianza dell’aumento dei consumi interni, e il saldo con l’estero. Per il 2022 siamo positivi e insieme realisti: molto dipende da quello che succederà nel mondo.
Partenza brillante ma molte incognite all’orizzonte
L’avvio del 2022, infatti, è stato molto promettente: nel primo bimestre, rispetto allo stesso periodo 2021, il fatturato è salito del 25% e l’export ha messo a segno un +23 per cento. Poi è arrivata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio e l’export verso Mosca ne ha subito risentito: a marzo 2022 è calato del 50% rispetto allo stesso mese 2021.
Il conflitto è solo uno dei problemi che la moda si trova a dover affrontare, tra effetti diretti (come la chiusura dei negozi) e indiretti, tra cui l’aumento esponenziale dei costi energetici che a loro volta pesano su quelli di produzione. A marzo 2022 i prezzi alla produzione sono saliti del 36% e se, fino a ora, le aziende della filiera hanno cercato di assorbirli, assisteremo a un aumento inevitabile dei prezzi al consumo. Abbiamo bisogno di politiche più incisive su questo fronte.